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Cambiamento climatico e valore dell'investimento immobiliare, cosa succede?

Gtres

Alluvioni, piogge, siccità, coste che si erodono: gli effetti del cambiamento climatico possono costituire altrettanti rischi per il valore degli immobili. Quale sarà l’impatto di tutto questo sulle riqualificazioni degli edifici?

La questione è duplice: da un lato abbiamo il peso degli agenti atmosferici sulle case a rischio, che sorgono nelle aree più vulnerabili. Dall’altro abbiamo il valore delle riqualificazioni “green”, per tentare di arginare il fenomeno del climate change e i suoi riflessi sull’ambiente e sugli edifici che sorgono in determinate zone, che in questo modo assumono un valore diverso. Ma anche delle assicurazioni di cui occorre dotare gli edifici per ricompensare gli eventuali danni provocati.
L’impatto del cambiamento climatico sull’economia, secondo la stima della Relazione sullo Stato della Green economy, presentata a novembre a Ecomondo da Massimo Tavoni, docente di Economia dei Cambiamenti climatici al Politecnico di Milano,  dal 2050 potrebbe essere quantificato in una perdita di Pil sette volte superiore a quella prevista in altri studi simili. Conseguentemente il divario tra Nord e Sud aumenterebbe del 16% nel 2050 e del 61% nel 2080, anche a seguito delle diverse politiche adottate nelle diverse zone per arginare i problemi ambientali. A rischio, inoltre, non ci sono solo gli edifici d’uso, residenziale o no che si voglia, ma anche il patrimonio storico e monumentale.
Un riflesso di questo sono gli aumenti dei premi assicurativi legati ai rischi ambientali degli edifici: in alcuni casi, si calcola, possono raggiungere costi proibitivi e scoraggiare gli investimenti, accompagnandosi a quello che già si nota, ovvero ad un crollo dei valori immobiliari nelle zone particolarmente a rischio, che diventano in questo modo ancora più preda della obsolescenza divenendo la ricostruzione sempre più onerosa. A tutto detrimento dei patrimoni dei proprietari.
Calcolare correttamente l’impatto del climate change è impossibile, quindi ci provano alcuni algoritmi, che calcolano l’esposizione al rischio climatico di migliaia di spazi residenziali commerciali, come  Four Twenty Seven che pone Venezia e Milano, rispettivamente, al 5° e 6° posto sul rischio alluvioni (col 22% degli spazi retail esposti ) e al 10° posto Torino (con l’11%).
O come Geophy, che calcola i valori immobiliari a seguito dell’impatto ambientale, secondo cui i valori al metro quadro di una casa a Venezia (tra 5400 e 11mila euro) non potranno certo proseguire a lungo.
In Italia per ora l’unica mossa compiuta verso l’arginamento dei problemi ambientali è affidata ai bonus ristrutturazione, green e sisma, che secondo fonti dell’Agenzia delle Entrate hanno convogliato circa 30 miliardi di euro. Ma di lavoro per ristrutturare il vetusto patrimonio immobiliare italiano ce n’è ancora molto: secondo Mario Breglia, Scenari Immobiliari, l’incidenza della ristrutturazione nel comparto terziario si ferma al 3% per un 1,3% di riqualificato mentre le unità commerciali sono ristrutturate solo per meno del 2% del totale e riqualificate per meno dell’1%.

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